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di Alessio Benassi
La Siria e la caduta del regime di Bashir al-Assad
La situazione in Siria si potrebbe riassumere con il vecchio detto: "se Atene piange, Sparta non ride". Infatti, verosimilmente, tutti gli attori coinvolti, così come la gran parte degli spettatori, guardano agli eventi nel Levante con un sorriso freddo.
Le forze dei "ribelli moderati", ossimoro ipocrita che campeggia su tutti i media, hanno preso il controllo di buona parte della Siria, ponendo de facto fine al governo di Bashir al-Assad. Come noto, dallo scoppio delle primavere arabe, nel 2011, il paese è stato al centro di scontri violenti, che hanno visto fronteggiarsi fazioni locali, supportate da (se non proprio alle dipendenze di) attori internazionali.
Gli attori internazionali del conflitto siriano: alleanze e rivalità
Se la Siria di al-Assad, aconfessionale e baathista, era supportata, tra le altre forze, da Iran, Russia ed Hezbollah, la controparte anti-governativa è assai variegata: si tratta di milizie che hanno ricevuto sostegno da vari soggetti internazionali tra cui gli USA, ma anche Israele e, soprattutto, Turchia.
Queste milizie, vicine ad al-Qaida e al Fronte al-Nusra, oggi festeggiano per le strade di Damasco, abbattendo le statue e le effigi del regime appena passato. Si tratta di immagini nuove ma dal sapore già visto in altri contesti.
La storia si ripete: i rischi della caduta di regimi in Medio Oriente
I primi a festeggiare la presa di Damasco sono sembrati gli USA, che vedono nella caduta di al-Assad uno scacco a Mosca e a Teheran, ma la gioia di Washington può essere amara: la storia ci insegna che spesso il cambio di passo non è positivo, in Afghanistan i talebani di Saddam furono comodi contro i sovietici ma, alla lunga, si resero responsabili anche dell'11 settembre.
La missione di pace nella regione, che, storicamente, porta il nome di "cimitero degli imperi", non ha portato a nulla di concreto e oggi il paese è completamente nelle mani del regime dei talebani.
Altro esempio lampante è la Libia, l'abbattimento di Gheddafi non portò a nessuna transizione democratica, ma alla "balcanizzazione" del paese, con una frammentazione cronica e una pacificazione lungi da raggiungere.
Il ruolo di Turchia, Israele e Unione Europea nella nuova Siria
Altri entusiasti del cambio di regime a Damasco sono Macron e Netanyahu. Quest'ultimo poi, impegnato militarmente a Gaza e in Libano, beneficia direttamente della caduta di al-Assad, protettore di Hezbollah e vicino a Teheran. Al profano potrebbe sembra assurdo che Israele festeggi la presa di potere di forze islamista in un paese confinante, eppure il vecchio andante "il nemico del mio nemico è mio amico" resta sempre valido.
Nulla di nuovo in realtà, nel conflitto caucasico tra gli armeni del Nagorno Karabakh e i mussulmani filo-turchi dell'Azerbaijan, gli islamisti siriani (i responsabili della caduta di al-Assad) e gli israeliani supportavano proprio Baku contro gli armeni. Popolazione armena che, sconfitta e perseguitata violentemente, fu costretta ad abbandonare la propria terra nel silenzio generale del mondo intero.
Nonostante ciò, appena caduto al-Assad, Israele ha bombardato la Siria, allo scopo di distruggere i depositi militari del vecchio regime, e, al contempo, le forze dell'IDF hanno occupato, di nuovo, le alture del Golan, con lo scopo di creare un'area de-militarizzata. A Telaviv, quindi, festeggiano ma non si fidano.
Sull'altro fronte, Russia e Iran sembrano essersi eclissati: hanno supportato per anni la Siria, durante una guerra civile sanguinosa e difficile, per perdere poi il paese in quarantott'ore. Certo, hanno salvato l'amico Bashir, rifugiato ora con la famiglia a Mosca, ma hanno lasciato ai ribelli la completa libertà di conquistare il potere, senza quasi sparare neanche un colpo. Un dubbio sorge, ordunque, spontaneo: si è trattata di una sconfitta oppure di una cessione, senza colpo ferire, del potere? Forse solo il tempo ce lo dirà.
La grande illusione: la caduta di Assad e le conseguenze per i civili
Forse, ad oggi, una sola cosa è davvero sicura, la Turchia è la prima a rallegrarsi e a festeggiare. Erdogan ha sempre mostrato un talento spiccato per la realpolitik, senza scrupoli le forze turche si sono posizionate in Libia, nel Caucaso, nel Corno d'Africa e hanno aumentato il proprio soft power nei Balcani. Le mire di Ankara sulla regione levantina oggi sono concrete, la vittoria dei ribelli siriani è una vittoria della Turchia e della politica di Erdogan.
In tutto questo, senza troppi giri di parole, l'UE festeggia la caduta di Assad (pur non essendone minimamente coinvolta) e rimane a guardare chiedendo, sommessamente, il rispetto dei diritti dei civili e delle minoranze. Cosa, ovviamente, facilissima data la situazione, o forse no?
D'altronde, per un gruppo islamista di "talebuoni", che negli anni passati è stato protagonista di attentati (per esempio Parigi e Berlino), che vive dell'odio verso i cristiani (che perseguita) e che, per esempio, si è reso protagonista della distruzione del sito archeologico di Palmira, oggi non avrà certo difficoltà ad avviare un processo moderato e democratico. Non c'è proprio nulla di più facile.
Questa è la grande illusione, pensare che la caduta di Assad porterà alla pace: è un miraggio. Anzi, un'idea ipocrita, e gli unici che ne faranno le spese sono i civili e le minoranze, i cristiani siriani più di tutti. Anche in questo frangente, le nazioni occidentali sono rimaste a guardare sull'orlo della fossa sedute.
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