Il blog tradizionale Messainlatino.it ha sconfitto Google
- Matteo Respinti
- 1 giorno fa
- Tempo di lettura: 5 min
Una volta tanto, la storia non finisce con il “gigante” che detta le regole e il “piccolo” che incassa in silenzio. Il blog tradizionale Messainlatino.it ha vinto in tribunale contro Google Ireland Limited: il Tribunale di Imperia ha riconosciuto le ragioni del sito cattolico e ha condannato il colosso del web, stabilendo che l’oscuramento per presunto hate speech è stato illegittimo e contrario al quadro normativo europeo sulla libertà di espressione e sui servizi digitali.
È una buona notizia, e lo diciamo chiaramente: non solo per chi ama la Santa Messa, ma per chiunque non si rassegni all’idea che siano gli algoritmi e le policy unilaterali delle Big Tech a decidere che cosa è lecito dire nello spazio pubblico.
Quando Google ha spento Messainlatino.it
Tutto comincia l’11 luglio 2025. Quella mattina, i lettori di Messainlatino.it, uno dei principali blog del mondo cattolico tradizionale, con oltre un milione di visualizzazioni mensili e più di 22.000 articoli pubblicati in 18 anni di attività, si trovano davanti a un messaggio secco: «Spiacenti, il blog all’indirizzo lamessainlatino.blogspot.com è stato rimosso».
Poche ore dopo arriva una mail: Google comunica che il contenuto del blog avrebbe violato la Hate speech policy. Nient’altro. Nessun esempio concreto, nessuna indicazione dei passaggi incriminati, nessuna possibilità di confronto con un essere umano, di replica o di difesa: solo il link alle policy e la ghigliottina digitale.
La reazione del mondo cattolico conservatore e di una parte della stampa non si fa attendere: articoli sul Messaggero, sul Giornale, sul Secolo d’Italia, sulla stampa estera (dal Times di Londra al Washington Post, passando per l’Associated Press e il New York Times) ricordano come Messainlatino sia stata negli anni una fonte di notizie, anticipazioni e analisi molto seguita, anche in Vaticano.
La vicenda arriva anche nelle istituzioni: l’eurodeputato Marco Dreosto (Lega) e il deputato Galeazzo Bignami (FdI) presentano interrogazioni al Parlamento europeo e alla Camera. Nei testi si sottolinea il rischio che, dietro la formula generica dell’“hate speech”, si nasconda una compressione della libertà di espressione, di parola e di religione garantite, a livello legislativo, dall’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE e dall’articolo 10 della CEDU, e si richiama il quadro del Digital Services Act (DSA), che impone trasparenza e motivazioni specifiche per interventi così drastici.
La battaglia legale a Imperia: Davide contro Golia
Di fronte al muro di silenzio di Google, la redazione del blog non si limita alle proteste pubbliche. Il direttore Luigi Casalini, assistito dall’avvocato Enrico Spitali, avvia un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. davanti al Tribunale di Imperia, competente per territorio.
L’obiettivo è semplice e radicale: ottenere il ripristino immediato del blog e affermare che nemmeno una multinazionale può calpestare, in nome di una policy privata, il diritto fondamentale alla libertà di informazione.
Nel frattempo, sotto la pressione mediatica e – soprattutto – dopo il deposito del ricorso, Google decide di riattivare Messainlatino.it, senza spiegazioni. Un clic, e tutto torna online: inclusi gli oltre 22.000 articoli che, a detta del colosso, avrebbero ospitato contenuti di incitamento all’odio.
In aula Google si presenta con un collegio di cinque avvocati milanesi e chiede il rigetto del ricorso, pretendendo addirittura la condanna del blog alle spese. Come prova del carattere “discriminatorio” dei contenuti, la difesa porta un solo esempio: un’intervista a mons. Joseph Strickland, vescovo statunitense, che si dichiarava contrario all’ordinazione delle donne al diaconato. Da quella posizione teologica – perfettamente legittima nel dibattito intra-ecclesiale – Google deduce una visione “sessista” secondo cui le donne dovrebbero occuparsi solo di procreare figli.
La tesi viene respinta al mittente. Il blog, ricordano i legali di Messainlatino, si è limitato a riportare un’intervista, senza insulti, minacce o istigazione alla violenza. Se basta pubblicare le parole di un vescovo per essere tacciati di hate speech, il rischio è che a essere censurata non sia solo un’area del mondo cattolico, ma la libertà di insegnamento e di espressione religiosa in quanto tale.
L’ordinanza: Google ha violato norme europee e libertà fondamentali
Con una lunga ordinanza, la giudice De Sanctis del Tribunale, di Imperia, accoglie il ricorso di Messainlatino.it, riconoscendo l’illegittimità dell’oscuramento e l’inconsistenza delle motivazioni addotte da Google.
L’ordinanza, emessa in sede cautelare ma destinata a pesare come precedente, mette in fila alcuni principi chiave.
Primo, una piattaforma che opera in Europa non può limitarsi a evocare genericamente l’hate speech, per giustificare la cancellazione di un intero sito; deve fornire motivazioni chiare, specifiche, proporzionate, in linea con quanto prevede il Digital Services Act in materia di trasparenza, avvisi preventivi e meccanismi di ricorso interni.
Secondo, la chiusura improvvisa di un blog con quasi vent’anni di archivio non incide solo su un rapporto contrattuale privato, ma tocca direttamente il diritto fondamentale alla libertà di espressione, di informazione e di religione.
Terzo, Google non può giocare a fare il “legislatore morale” del pianeta, decidendo che anche le posizioni di un vescovo o perfino del Papa vadano censurate se non allineate al mainstream culturale. Nel momento in cui la moderazione privata dei contenuti si pone in conflitto con le garanzie previste da Costituzione e diritto europeo, la bilancia deve tornare in mano ai tribunali.
Il Tribunale di Imperia, oltre a ribadire l’obbligo di ripristino del blog, condanna Google Ireland Limited al pagamento delle spese processuali, quantificate in circa 7.000 euro. Una cifra simbolica per il bilancio di Mountain View, ma pesantissima sul piano del principio: la Big Tech è stata richiamata all’ordine da un giudice di provincia, e non può considerarsi al di sopra della legge.
Oltre il cottolicesimo tradizionale: una vittoria contro l'onnipotenza del mainstream
Quando Messainlatino fu oscurato, qualche commentatore “progressista” salutò quasi con sollievo la rimozione del blog, sostenendo che non fosse stato l’algoritmo a spegnere il sito, ma “l’odio” che vi sarebbe stato diffuso negli anni.
Il Tribunale di Imperia dice l’esatto contrario: nessuna delle contestazioni concrete portate da Google regge a un vaglio giuridico serio. L’hate speech evocato nella mail standard, usato come clava ideologica nel dibattito pubblico, non è stato dimostrato nei fatti. E quando si parla di diritti naturali, non basta un’etichetta per trasformare il dissenso in reato morale.
Che se ne condividesse – e non se sempre si potevano condividere o meno ogni critica tagliente al pontificato di Papa Francesco e ogni presa di posizione netta in difesa della liturgia tradizionale, Messainlatino.it torna ora, di diritto, al proprio posto: una voce fuori dal coro, spesso scomoda, spesso polemica, coraggiosamente schierata.
E il punto politico, e giuridico, deve fare scuola, non può essere una multinazionale californiana a decidere quali sensibilità cattoliche abbiano diritto di cittadinanza digitale.
Per questo la vittoria di Messainlatino è qualcosa di più di una buona notizia per i cattolici tradizionale. È un segnale concreto che il pendolo può tornare dalla parte della giustizia, contro l’arbitrio delle piattaforme e il conformismo del politicamente corretto.
Con una metafora cara al blog, Davide, anche questa volta, ha sconfitto Golia. E il colpo risuonerà ben oltre i confini del mondo cattolico.
Matteo Respinti






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