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Trump e Putin si spartiscono l’Ucraina, l’Europa ancora sotto il cappio di Jalta

Come noto, il giorno di Ferragosto, in Alaska, il presidente russo, Putin, ha incontrato il presidente statunitense, Trump. Si è trattato di un evento storico e, per questo, riteniamo opportuno mettere nero su bianco ciò di cui il mondo deve rendersi conto.


Fine dell’isolamento russo e il bluff americano in Ucraina


In primo luogo, lo stereotipo dell'isolamento russo è crollato in frantumi. Putin è stato accolto negli Stati Uniti, con tutti gli onori che si riservano ai leader amici ed è quindi tornato in grande stile sulla scena occidentale, dopo la "sospensione" del 2022.


In secondo luogo, il volubile e animoso Trump sembra aver trovato una linea definitiva, ma è lecito pensare che il piano sia sempre stato questo: le minacce di sanzioni, e simili, nei confronti di Mosca erano boutade o fumo negli occhi; Washington non ha mai avuto alcun interesse a sostenere Kiev ad oltranza.


Si è trattato di un gigantesco bluff, dalla stratificazione profonda, per lo più mediatico. Un'illusione in cui la povera Ucraina è cascata in pieno: i patrioti combattevano convinti che il sostegno americano sarebbe stato illimitato, nel tempo e nei mezzi.


In realtà, non è mai stato così. Gli aiuti, economici e militari, pur sostenendo le forze armate di Kiev, non hanno mai mirato alla vittoria sul campo, che, in verità, era, ed è, praticamente impossibile.


Basti pensare all'esito dell'offensiva dell'estate 2023, l'ultima vera chance per rompere le linee russe, spezzando il fronte che collega il Donbass con la Crimea. Da allora le forze nemiche sono avanzate, lentamente ma con costanza, mantenendo alta la pressione. A poco è servito il tentativo di occupare Kursk.


Insomma, in queste condizioni, l'unica possibilità di "salvare capra e cavoli" era tornare al tavolo delle trattative, tavolo che, giocoforza, doveva per forza coinvolgere anche il presidente russo.


L’assenza dell’Europa e l’eredità di Jalta


Altra grande questione, che è bene metabolizzare, è la completa assenza dell'Europa. I leader europei, infatti, sono stati informati solo a incontro organizzato e hanno incontrato Trump solo il lunedì successivo, accompagnando Zelensky alla Casa Bianca.

Il trattamento riservato alle cancellerie europee, purtroppo, e sottolineo purtroppo, non sorprende nessuno. Come sappiamo bene, non è un atteggiamento recente e circoscritto alla questione ucraina, sulla quale i governi europei hanno posizioni tanto diverse da quelle di Washington, quanto diverse tra loro.


La sufficienza con cui il mondo, USA in testa, tratta le nazioni europee ha radici profonde. L'Europa di oggi è figlia legittima e voluta di Jalta, costruita con impalcature votate a ridurre i campi d'azione dei governi europei.


A Jalta sedevano Roosevelt e Stalin e, piaccia o meno, il secondo faceva la parte del leone. Nelle fasi finali del secondo conflitto mondiale, mentre gli anglo-americani erano ancora impantanati sugli Appennini o congelavano nella foresta delle Ardenne nel gennaio del 1945, i sovietici varcavano il fiume Oder.


E, dopo qualche mese, i sovietici entravano a Berlino, ponendo fine al Reich e determinando la divisione dell'Europa in due blocchi: uno legato a sé, l'altro a Washington. Un vincolo straniero che ancora oggi pesa sui Paesi europei.


La storia dell'Italia repubblicana è piena di figure di spicco cadute in disgrazia per scelte politiche straniere. Mattei fu ammazzato perché lavorava per l'indipendenza energetica italiana, Craxi, di fatto, fu travolto a seguito di Sigonella e, da ultimo, Berlusconi fu fatto saltare per i propri rapporti privilegiati con Russia e Libia.


L'Europa senza forza militare ed economica


Oggi, i cosiddetti "volenterosi" parlano di un sostegno ad oltranza a Kiev. Una pia illusione che, però, si scontra con la realtà. L'Europa non dispone di una forza militare e nemmeno di un'economia che consenta di sostenere in modo adeguato un conflitto come quello ucraino.


Le reazioni con cui i governanti europei, tutti, sono usciti dal vertice di lunedì riflettono lo stato di satelliti di Washington: il punto fermo dell'evitare la cessione dei territori è caduto come nulla fosse, il che significa che l'Ucraina perderà il Donbass. Il ripiego europeo sono state le vaghissime "garanzie di sicurezza", che, date tempo al tempo, crolleranno anch'esse come se nulla fosse.


E poi c'è la questione economica. In primo luogo, l'Ucraina potrebbe ricevere 100 miliardi di aiuti militari americani, pagati, neanche a dirlo, da Bruxelles e dai Paesi europei. In secondo luogo, se Trump tratta e si rimangia le sanzioni alla Russia, per l'Europa le regole del gioco sono diverse.


Rimane in vigore il "blocco energetico" russo, che ha fiaccato tanto l'economia europea quanto la volontà dei nostri connazionali di sostenere la causa del popolo ucraino.


Jalta 2 – Il ritorno: chi vince davvero


Quello a cui stiamo assistendo sono le prove generali di un sequel tragico, Jalta 2 - il ritorno.


I russi otterranno ciò che vogliono perché l'hanno conquistato manu militari, gli americani colgono l'occasione per accaparrarsi materie prime, petrolio e terre rare e gli europei, una volta ancora, pagano la ricostruzione e, una volta di più, si legano mani e piedi alla dipendenza energetica e militare dagli Stati Uniti.


Nulla di cui sorprendersi: l'Europa di Jalta nasce come satellite USA e non ha facoltà di scelta o replica. La guerra è persa tanto per Kiev quanto per l'Europa, il cui unico vanto sarà aver "salvato la democrazia di Kiev".


Mentre i veri vincitori si ri-spartiscono il continente europeo.


La lezione della storia: il monito di Montanelli


Calza a pennello una riflessione di Indro Montanelli, rispetto al presidente Roosevelt, che secondo molti aveva salvato l'Europa: “Lo aveva fatto per odio del nazismo, non per amore dell’Europa. Detestava il vecchio continente, Inghilterra compresa, non vedeva l’ora di ridimensionarlo a un ruolo di comprimario spogliandolo dei suoi possedimenti coloniali, ed era pronto a sacrificarlo – come fece – all’ingordigia di terre e di dominio del satrapo sovietico, per il quale stravedeva”.


La storia si ripete sempre, aggiungo io.


Alessio Benassi

 
 
 

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