Moody’s scuote il mondo: giù gli USA, su l’Italia. Complotto politico o specchio del mercato?
- Matteo De Guidi
- 2 giorni fa
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Una delle tre più grandi società di rating al mondo, Moody’s, ha espresso il proprio giudizio sulla prima economia al mondo, gli USA, e sulla nostra Italia, declassando il debito statunitense da “Aaa” ad “Aa1” e migliorando l’outlook sul debito italiano da “stabile” a “positivo”, pur mantenendo il giudizio sintetico a “Baa3”, il più basso gradino dei titoli di buona qualità.
La domanda che è fondamentale porsi, e a cui risponderemo nell'articolo è se il giudizio sugli USA sia, o meno, un giudizio politico e, nel caso, quali possano essere i risvolti a lungo termine per gli Stati Uniti e anche per Italia. Per prima cosa, però, serve spiegare a cosa serve il rating e perché è importante.
Il grande potere delle società di rating
Le società di rating più importanti al mondo sono tre, Standard & Poor’s (S&P), Moody’s e Fitch. Queste tre società statunitensi detengono la stragrande maggioranza del mercato della valutazione del merito di credito.
Cosa fanno nello specifico? Esprimono un giudizio sintetico sulla stabilità di un emittente di titoli di debito. Questo giudizio si misura su una scala da AAA a D (che sta per default). Più alto è il giudizio, più basse sono le probabilità che lo Stato o l’azienda oggetto di valutazione fallisca e risulti, quindi, non in grado di ripagare i suoi debiti.

Il livello di confine tra i titoli di buona qualità e i "titoli spazzatura" è il BBB (Baa2), il livello in cui si trova l'Italia oggi.
Questo rating, insomma, è una misura di rischio del titolo, più il giudizio è basso, più il titolo sarà considerato rischioso. E in finanza a ogni rischio corrisponde un prezzo. Un investitore per investire in un titolo più rischioso richiederà un rendimento più elevato, quindi un costo più alto per l’emittente, che dovrà pagare una somma più alta in interessi. Il famoso spread, insomma.
Ecco spiegata la ragione per cui queste tre società abbiano un potere assoluto sul mercato: un loro giudizio cambia il comportamento degli investitori e può essere causa di un costo (o di un risparmio) notevole per Stati e società quotate in borsa.
Allo stesso tempo, la loro presenza all’interno del mercato è fondamentale per garantire trasparenza e permettere agli investitori di prendere scelte informate, nella piena consapevolezza del rischio di default di un titolo.
Il giudizio sugli Stati Uniti, i timori di ingerenza politichea e i suoi effetti
Ciò che tutti ci siamo chiesti osservando che il downgrade è arrivato nei primi mesi della presidenza Trump, in particolare in seguito agli annunci dei dazi contro mezzo mondo, è se ci fossero ingerenze politiche dietro a questo giudizio.
La risposta è tanto semplice quanto categorica: No.
Moody’s nel suo giudizio mette al primo posto il fatto che il rapporto debito/Pil degli Stati Uniti ha ormai sfondato il 120%, con una spesa complessiva per interessi da oltre 1 trilione di dollari (circa un quarto del Pil Italiano), e un deficit federale superiore agli 1,8 trilioni di dollari.
In margine a ciò, quindo solo come aggravanti, sono citate le politiche di eccessivo spending promosse dal tycoon e la prospettiva di una guerra commerciale globale.
E se a qualcuno rimane l'ipotesi del tempismo politico, a smentire questa tesi è la storia degli ultimi due declassamenti effettuati dai due competitor di Moody’s, S&P e Fitch: S&P declassò gli USA da AAA ad AA+ nel 2011 (nel pieno della crisi), quando il presidente era Barack Obama, mentre Fitch fece lo stesso nel 2023, quando il presidente era Joe Biden. Entrambi democratici.
Ad ogni modo, le implicazioni del declassamento rischiano di essere tragiche per degli Stati Uniti. che vedono una FED che non ha alcuna intenzione di abbassare i tassi di interesse prima di aver sconfitto l’inflazione e con una spesa per interessi e un deficit che non accennano a rallentare la loro crescita.
Ciò che colpisce, ma in realtà neanche troppo, è che l’amministrazione Trump ricevuta la notizia si è limitata ad attaccare Moody’s, invece di analizzare il problema e valutare soluzioni per provare a risolvere un problema che rischia di porre le future amministrazioni di fronte ad un bivio: o si alzano le tasse, o si rischia il default della più grande potenza economica della storia.
L'Italia esulta, ma il cielo resta nuvoloso
Se oltreoceano le società di rating bocciano il sistema statunitesne, in Italia la situazione è ben diversa, con Moody’s cha ha alzato l’outlook dell’Italia da “stabile” a positivo”, mentre, l’11 aprile, S&P ha aumentato il rating italiano da BBB a BBB+.
Le ragioni di questo aumento sono da ricercare nel contenimento della spesa pubblica, nella situazione dei tassi di interesse in Europa più tranquilla che negli States, nell’aumento dei buffer economici e in una stabilità politica che è raro trovare nella nostra storia.
Parte del merito è sicuramente da attribuire al Governo Meloni, che, nonostante le difficili condizioni delle finanze pubbliche trovate all’insediamento (a causa del Covid-19 e delle politiche di spending eccessivo dei governi Conte I e II), ha saputo porre un freno alle spese e promuovere un certo efficientamento.
Anche se gli aumenti di rating sono dei bei raggi di sole per il nostro Paese, è bene ricordare che il cielo resta nuvoloso sul nostro debito, superiore al 130% del Pil e con un sistematico disavanzo pubblico, che rendono difficile un processo di riduzione netta e continuativa del più grande fardello del nostro Paese.
Debito: cosa può fare la politica?
Ciò che più di tutto dovrebbe insegnarci l’attuale condizione globale è che non è possibile fare debito e spendere in maniera sconsiderata i fondi pubblici senza un piano reale . In fondo, prima o poi, tutti i debiti andranno ripagati o rifinanziati e, senza la fiducia degli investitori, ad oggi è impossibile per uno Stato sopravvivere.
Quella del debito è una minaccia silenziosa alla stabilità delle Nazioni, più nascosta dei conflitti e della geopolitica, meno evidente del malcontento, meno raccontata dei media forse anche perché meno comprensibile, ma che, in fondo, rappresenta la sfida più grande che la politica debba affrontare, e che solo la politica può affrontare.
Forse le parole di Warren Buffet, il maggiore investitore della storia, possono ancora apparire troppo estreme, ma ci ricordano che sopra alla nostra testa c’è sempre una spada di Damocle, fino a quando la politica non troverà il coraggio e la forza di rimuoverla:
«potresti porre fine al deficit in cinque minuti. Basta approvare una legge che dica che ogni volta che c’è un disavanzo superiore al 3% del PIL, tutti i membri del Congresso in carica diventano ineleggibili per la rielezione».
Matteo De Guidi
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