top of page
Immagine del redattoreFrancesco Rocca

Intervista a Corrado Ferlaino: manager, napoletano doc ed ex dirigente giovanile

Corrado Ferlaino, oggi dirigente d’azienda, tanti anni nella militanza giovanile da Azione Giovani a Gioventù Nazionale, napoletano doc e vivi a Milano da diversi anni, di cosa ti occupi?


«Lavoro per una multinazionale fondata da amici napoletani che si occupa di distribuzione vino e liquori per tutto ciò che riguarda il settore del turismo, dagli alberghi alle compagnie di crociera fino ad arrivare ai duty free e alle compagnie aeree. Nello specifico sono l’account manager per il Nord Italia, curando ogni passaggio dalla ricerca del cliente all’avvenuta consegna del vino. È un onore per me portare i prodotti e le eccellenze della mia terra natia nella terra che mi ha accolto a braccia aperte.»


Che insegnamento ti ha dato la militanza, questa esperienza ti ha aiutato nel tuo percorso di crescita professionale?


«Sicuramente devo molto di più alla militanza che al percorso di studi. Coordinare decine di ragazzi in tutta Napoli e provincia, parlare in pubblico e organizzare le campagne elettorali sono stati gli esami migliori per affrontare il mondo del lavoro. Vengo da un quartiere di Napoli che è un po’ una città nella città, senza la militanza non avrei conosciuto persone con esperienze diverse dalla mia, provenienti da ogni contesto sociale, che mi hanno insegnato a dialogare con tutti nel mio lavoro, dal magazziniere all’amministratore delegato di un’azienda. Poi oggi, grazie alla militanza, possiamo anche vantarci di dare del tu al Presidente del Consiglio, al Presidente del Senato e a numerosi ministri.»


Da ragazzo un po’ stagionato (per citare un grande) che consigli vorresti dare ai giovani?


«Potrà sembrare banale, ma consiglio di essere felici. Aver lasciato la vita di partito per la carriera è una cosa che mi pesa tutti i giorni, ma se si è felici del proprio lavoro si è anche felici della propria vita. La militanza mi ha regalato amici fantastici che sono ancora oggi i miei fratelli, per questo credo nel valore della militanza e consiglio a tutti, di qualsiasi idea politica, di sacrificare un aperitivo per una raccolta firme. Gli anni della militanza giovanile sono i più belli della mia vita, mentre li ricordo scende sempre una lacrima.»


Napoli! Una città stupenda, tra le più belle, con tanti figli sparsi per il mondo, che cosa manca all’antica Partenope?


«Sicuramente mancano le possibilità, non solo a Napoli ma in tutto il Sud. Abito a Milano dal 2018, quando per lavoro mi interfaccio con le linee di comando delle società partner o clienti all’80% trovo davanti napoletani come me o comunque provenienti da sotto il Po. Questo sta a significare che ogni giorno perdiamo cervelli che non hanno trovato fortuna al CentroSud, che vengono a portare valore aggiunto al Nord.


Purtroppo anni di politiche antimeridionali, unite alla scarsa preparazione dei politici che rappresentano Napoli hanno creato tutto questo. Se si pensa che oggi Napoli sta avendo un boom turistico senza precedenti, dove la gente viene per vedere la napoletanità prima che le fantastiche opere che la città possiede, e una delle prime idee del sindaco PD (juventino) è stata quella di vietare i panni stesi fuori i balconi, si proprio quelli che tutti fotografano estasiati in visita ai quartieri spagnoli.


Sono fiducioso però che oggi il vento grazie al nuovo Governo stia cambiando e che chi ha ambizione potrà rimanere nella sua terra natia senza dover sacrificare la carriera, e spero di poter essere nei prossimi anni uno di questi.»


Sei nipote del grandioso Presidente del Napoli, colui che ha regalato emozioni e speranze a tutti i napoletani, quest’anno uno scudetto strameritato, il terzo della storia, c’è una similitudine con il Napoli di fine anni 80?


«Purtroppo non ho vissuto quegli anni, però sicuramente l’amore dei napoletani per la squadra è stato identico. Ho amici che purtroppo tifano altre squadre, ma che quest’anno si sono lasciati trascinare dalla città e dal Napoli. Tutta la regione, anzi azzarderei tutta la Nazione, è diventata azzurra e ancora oggi il simbolo di Napoli, prima del Vesuvio, della pizza e di San Gennaro è sempre Diego Armando Maradona.»


Le ultime domande riguardano il tuo rapporto con Milano, come ti trovi e che cosa occorre per renderla ancora più vivibile?


«Con Milano ho un rapporto di odio e amore: da un lato la amo per le possibilità che da, dall’altro soffro il fatto che io mi sento davvero poco al sicuro. Milano vive una multiculturalità che io davvero apprezzo quando questa è completamente integrata nel tessuto sociale, però passeggiando nelle zone limitrofe la stazione o semplicemente nelle ore notturne in qualunque zona nella città spesso ti ritrovi di fronte una situazione di degrado che, a quanto pare, il sindaco sembra abbia accettato di buon grado. Il fatto che io la sera abbia più paura a Milano che a Napoli fa capire bene il livello di delinquenza che oggi la città vive.


Per rendere più vivibile la città, quindi, penso che il sindaco debba scendere dalla bicicletta, uscire dall’area C e capire che Milano non è solo quella di coloro che possono permettersi case da 30k al metro quadro, ma che è fatta anche da gente normale che lavora e che vuole che le proprie figlie possano tornare a casa tranquille senza dover subire molestie. Sembra assurdo che il sindaco non la nomini mai, ma la questione sicurezza rimane a mio avviso la priorità per rendere più vivibile Milano.»


A cura di Francesco Rocca

bottom of page