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I neo-conservatori non sono conservatori

L’ansia da rinnovamento colpisce tutti indiscriminatamente, al punto da far dimenticare completamente le proprie origini. Oggi vorrei parlare di un fenomeno nuovo: il neo-conservatorismo, ossia dei nuovi conservatori. Essi assomigliano così poco ai loro padri da essere diventati qualcosa di totalmente altro.


A partire dalla caduta del muro di Berlino, abbiamo annunciato la morte delle ideologie (il che non è una novità), ma negli ultimi tempi è morto anche qualcos’altro: le idee (e ciò è molto più tragico e preoccupante). La morte delle idee equivale alla dissoluzione della logica.

Parliamo dei conservatori. Chi è, innanzitutto, il conservatore?


Mi è sempre piaciuta l’affermazione di un grande filosofo conservatore americano, Russell Kirk, secondo cui un conservatore non è, in generale, un ideologo – ovvero non abbraccia una vera e propria teoria organicistica della società –, ma è un difensore dell’ordine sociale.


Questa idea di ordine non nasce da un semplice risentimento rispetto alla caoticità, all’anarchia nella quale si crede di vivere, bensì dalla fede in un ordine superiore, trascendente. In nome di quest’ordine, che Platone chiamava il Bene e che per Dostoevskij equivaleva a un ideale di tipo cristiano, ispirato alla figura di Cristo, il conservatore crede che ogni aspetto della nostra vita (non solo quella privata, ma anche quella sociale ed economica) debba adeguarsi a tale principio. Il conservatore è, dunque, un metafisico.


Come definire, allora, i nuovi conservatori? Essi si ispirano particolarmente al modello del partito repubblicano statunitense, il quale ha una storia diversa dalla nostra e segue dei criteri estranei al contesto italiano. Tanto per cominciare, i neoconservatori vedono nell’ex Movimento Sociale Italiano una storia superata e da superare. Sostengono che la sua matrice culturale affonda le radici nel fascismo e, pertanto, occorre dare una svolta. La svolta in effetti è avvenuta a più riprese, fino a trasformare la nuova destra in un’appendice di Forza Italia: un partito di idee estremamente moderate, accompagnate da una visione economica di stampo ultra-liberista.


L’avvicinamento al repubblicanesimo americano ha spinto molti neoconservatori ad avvicinarsi alle teorie neo-liberiste e libertarie che vedono nello Stato esclusivamente un ostacolo alla libera iniziativa degli individui. In linea di principio, i neo-conservatori hanno ragione a parlare di un’eccessiva pressione del governo nei confronti dei soggetti economici e di iper-burocratizzazione. Tuttavia, essi non si limitano a sostenere che lo Stato deve rispettare maggiormente la libertà individuale: si spingono al punto di sostenere che lo Stato è una sovrastruttura obsoleta e da superare.


Qui siamo, dal mio punto di vista, oltre il pensiero conservatore. Nella tradizione conservatrice, lo Stato non ha certamente il diritto di invadere la sfera privata in ambito economico, ma è tuttavia inteso nel senso della comunità nazionale, ovvero il risultato di un accordo tra i cittadini in difesa dei loro interessi, a prescindere al grado economico e sociale.


Per il conservatore, il concetto di Stato incarna quello di res publica o di interesse generale. In Italia, la Costituzione riconosce un ruolo importante allo Stato, soprattutto in ambiti di tutela degli individui. Purtroppo le privatizzazioni selvagge hanno intaccato profondamente molti principi che la Costituzione si proponeva di difendere. Il conservatore non è un sostenitore dello Stato etico, ma crede che le leggi siano indispensabili ad evitare certe invasioni di campo da parte dei privati: invasioni che potrebbero comportare un danno all’intera collettività.


Secondo punto: i neo-conservatori, che sostengono la superfluità degli Stati, sono tradizionalisti nel senso che si dichiarano ostili nei confronti del progresso nei diritti civili. Anche qui, però, occorre fare una precisazione. I neo-conservatori, che sono in realtà semplicemente dei nemici dello Stato tout court, si barricano dietro un’ideologia apparentemente conservatrice. Dobbiamo tener presente, tuttavia, che si tratta di un semplice capriccio, di una copertura politica. Essi credono di essere conservatori, ma in realtà sono molto spesso dei nostalgici, personaggi un po’ d’antan.


La loro difesa dell’ordine sociale è superficiale perché non si regge su idee o principi metafisici, bensì su opinioni, sensazioni. Sono parolai, animali politici che, per dirla con Gaber, vivono di parole da conversazione. I veri conservatori dovrebbero rimanere in guardia di fronte a questo atteggiamento semplicistico, di pelle, e disconoscere i libertari neo-liberisti dalla famiglia dei conservatori. Non si tratta di manicheismo o di caccia alle streghe, bensì – semplicemente – di mettere in chiaro le cose: costoro sono dei centristi (soggetti politicamente neutri: dei laici) interessati più all’anarchia capitalistica che alla difesa dell’ordine.


Il conservatorismo di maniera dei libertari è dovuto, molto spesso, a una forma di rancore nei confronti di quelli che chiamano “comunisti”, ma che in realtà sono, semplicemente, progressisti. Essi vivono nell’incubo di dover combattere contro un nemico che non esiste. Non a caso chiamano “fascisti” o “comunisti” tutti coloro i quali credono che debbano esserci dei limiti all’attività dei privati, qualora quest’ultima possa rappresentare un pericolo nei confronti della collettività, della comunità nazionale.


Alessandro Cantoni

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