Sin dalla nascita di questo Governo, dissi che Carlo Nordio sarebbe stato uno dei suoi migliori Ministri. A distanza di due anni lo ribadisco con forza.
Ai tempi della formazione del Governo, ai più il nome di Carlo Nordio non diceva molto, ma, in realtà, lo avevano già sentito. A fine gennaio 2022, infatti, mentre quasi tutto il Parlamento in seduta comune si apprestava a rieleggere Sergio Mattarella, Fratelli d’Italia votava simbolicamente proprio Nordio.
Cosa è successo nei giorni scorsi? Il Tribunale di Roma e i migranti
Il 17 ottobre, una sentenza del Tribunale di Roma non ha convalidato i trattenimenti nei confronti dei migranti all’interno del centro italiano di permanenza per il rimpatrio a Gjader, in Albania. A scrivere la sentenza, Silvia Albano, giudice della sezione immigrazione del Tribunale romano e presidente nazionale di Magistratura democratica, una corrente «progressista» dell’Associazione Nazionale Magistrati. Il 19 ottobre i 12 migranti sono tornati in Italia sbarcando a Bari.
[A questo proposito: Migranti in Albania: perché il Tribunale ferma il rimpatrio? Progetto, numeri e costi]
Da qui, il finimondo: il Governo ha criticato aspramente la decisione del Tribunale, le opposizioni prima hanno gongolato e poi hanno attaccato violentemente il Ministro Nordio, chiedendone le dimissioni per le sue affermazioni.
Ma cos’avrà detto il Ministro Nordio di tanto grave?
Ospite di un convegno a Palermo, il Ministro ha commentato:
«Non è una polemica contro la magistratura, ma contro un tipo di sentenza che non solo non condividiamo ma la riteniamo addirittura abnorme. Non può essere la magistratura a definire uno Stato più o meno sicuro. Inoltre, queste decisioni rischiano di creare incidenti diplomatici, perché definire non sicuro un Paese come il Marocco può creare problemi.
Se noi ritenessimo che non sono sicuri Paesi in cui vigono regole come la pena di morte, allora anche gli Stati Uniti non sarebbero un Paese sicuro. Sono questioni di alta politica che non dovrebbero essere lasciate alla magistratura e non saranno lasciate alla magistratura. Interverremo con provvedimenti legislativi».
Lo scoop del Tempo: Meloni troppo forte, bisogna porre rimedio
E non è mica finita. Nella giornata di domenica Il Tempo esce con uno scoop: «Meloni oggi è un pericolo più forte di Berlusconi. Dobbiamo porre rimedio.» No, non è una frase di Elly Schlein o di Giuseppe Conte, si tratta di un’email inviata da Marco Patarnello, sostituto procuratore della Cassazione e altro esponente di Magistratura democratica, a «una nutrita mailing list di giudici schierati», così riporta Rita Cavallaro, autrice dell’articolo.
Riportiamo qui di seguito alcuni passi salienti:
«Indubbiamente l’attacco alla giurisdizione non è mai stato così forte, forse neppure ai tempi di Berlusconi. In ogni caso oggi è un attacco molto più pericoloso e insidioso per molte ragioni. Innanzitutto perché Meloni non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte».
Rispetto agli anni di Tangentopoli, «la magistratura è molto più divisa ed isolata nella società. A questo dobbiamo assolutamente porre rimedio. Possiamo e dobbiamo farlo. Quanto meno dobbiamo provarci. Sull’isolamento sociale non abbiamo il controllo ma sul tema della compattezza interna possiamo averlo. Non è accettabile chinare le spalle ora o che qualcuno si ritagli uno spazio politico ai danni dell’intera magistratura».
Praticamente un «Salvini ha ragione ma va attaccato» all’ennesima potenza.
La riforma della giustizia serve subito
Tutto ciò è inaccettabile in un Paese come il nostro. È ormai chiaro che una fetta del potere giudiziario italiano teme questo Governo, il suo programma sul tema giustizia e non solo. La prova del nove? L’avversione – oserei dire quasi sistematica – alla riforma della giustizia.
Al momento del suo insediamento, il Ministro Nordio ha affermato di voler avviare una riforma garantista e liberale del codice penale, da realizzare in parte con leggi ordinarie e in parte con revisione costituzionale. E parte di questa riforma è stata già realizzata: l’abolizione dell’abuso d’ufficio e il giro di vite sulle intercettazioni sono stati già approvati, ma manca la parte più importante della riforma, ovvero quella sulla separazione delle carriere dei magistrati, forse quella che dà più fastidio a certi giudici.
In realtà a fine maggio il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al disegno di legge, ma trattandosi di revisione costituzionale, ci vorrà un bel po’ di tempo per l’approvazione: quasi sicuramente si andrà a referendum, perché per modificare degli articoli della Costituzione serve una maggioranza dei 2/3 in Parlamento, cosa che il Governo non ha.
La riforma va a toccare soprattutto il Consiglio superiore della magistratura: per i non addetti ai lavori, si tratta di un organo con il quale la magistratura si auto-governa. La sua funzione principale è quella di garantire l’indipendenza da altri poteri (soprattutto da quello esecutivo), ma ha anche altre funzioni, come le assunzioni per concorso pubblico dei magistrati, le assegnazioni agli incarichi, i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari.
È composto da 33 membri ed è presieduto dal Presidente della Repubblica. Oltre ad altri 2 membri di diritto (il Primo Presidente e il Procuratore Generale della Corte di Cassazione), 20 vengono eletti dai magistrati ordinari (sono i cosiddetti membri togati), mentre 10 li elegge il Parlamento in seduta comune (membri laici).
Il progetto di riforma si propone di neutralizzare le correnti della magistratura tramite il ricorso al sorteggio secco per l’elezione dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura (cioè la maggior parte dei componenti). L’approvazione sarebbe un dramma per Albano, Patarnello e compagnia, e già questo significa che va fatta il prima possibile.
Perché Carlo Nordio è la nostra ultima speranza?
Arriviamo al senso di questo articolo: la riforma è un’occasione storica, e se ce la lasciassimo sfuggire adesso, in futuro potremmo pentircene amaramente. C’è un vero e proprio Sistema di potere correntizio che muove i fili della magistratura, e voglio credere che si tratti di una minoranza.
No, non sto urlando al complotto, purtroppo è tutto sotto i nostri occhi da molti anni. Lo abbiamo visto ieri con il caso Palamara e oggi con le email di Patarnello, lo continuiamo a vedere ogni giorno con sentenze creative che oltrepassano il limite disegnato dai costituenti per separare il potere esecutivo da quello giudiziario. Il Ministro Nordio è davvero la nostra ultima speranza, e insieme al centrodestra ha il compito solenne di riformare questo Sistema.
Alessandro Scimè