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Basta polemiche, viva gli Alpini

«Basta retorica militare, la sfilata creerà disagi in città», e proseguono ancora: «preoccupazione per i disagi e l’impatto per la città di tale evento: dal punto di vista organizzativo, dal punto di vista ecologico e sostenibile e per la retorica militare che purtroppo non è solo prettamente storica, commemorativa e civile».


Queste le parole dettate nei giorni scorsi dall'Anpi, associazione volta alla salvaguardia e alla memoria del patrimonio reducistico partigiano, nei confronti del raduno nazionale del corpo degli Alpini, quest'anno organizzato a Vicenza, dal 10 al 12 maggio. 



Purtroppo l'Anpi nella sua crociata alla Brancaleone ha trovato largo sostegno da parte della sinistra pacifista, con la complicità di alcuni sindacati e delle associazioni anti-militariste e femministe. Queste ultime, ancora in fervore dopo le scorse adunate, nelle quali casi isolati di molestie sono stati denunciati per poi venir fatti archiviare, nella maggior parte dei casi, per mancanza di prove o non veridicità nei fatti.


Altre voci si domandano se non sia il caso di annullare queste celebrazioni annuali o, ancora, in maniera più vergognosa si è sentito di gente che dubita dell'utilità dello stesso corpo degli Alpini. A chiunque abbia mai aperto un libro di storia, o anche solo ascoltato un telegiornale durante una qualsiasi calamità, domande del genere non sorgerebbero nemmeno nell'anticamera dell'inconscio. Basti pensare all'alluvione dell'Emilia Romagna, ai terremoti dell'Aquila nel 2009 e dell'Emilia nel 2012, alla crisi sanitaria e sociale portata dalla pandemia del 2020, che fra le altre cose vide gli Alpini costruire ospedali da campo in soli dieci giorni, record quasi mondiale, per i pazienti della Sars-CoV-2.


Indispensabili ora, certo, ma non dimentichiamoci del trascorso storico e dell'importante impatto che ebbero gli Alpini nella storia nazionale.


Innumerevoli sono gli eroi che indossarono la penna sul cappello: Cesare Battisti, patriota irredentista in una Trento occupata dagli austriaci, o l'alpino Paolo Caccia Dominioni che, dopo aver combattuto la guerra prima come soldato e poi come partigiano, si prese l'onere di costruire e mantenere vivo un sacrario per i caduti in terra d'Africa. O ancora Don Carlo Gnocchi che assistette i suoi compagni Alpini nelle gelide steppe sovietiche durante la ritirata di Russia.


Questi sono solo alcuni nomi celebri, ma ve ne sono così a migliaia, e altri migliaia che non verranno mai ricordati in quanto morti e seppelliti senza nome. Soldati sempre pronti a difendere l'interesse nazionale, dalla fondazione del corpo a oggi, nei teatri operativi delle missioni di Peace Keeping Internazionale.


Fatte queste considerazioni e preso atto che gli Alpini sono ancora qualcosa di attuale, sia pure come soldati in servizio che come ex-militari in congedo, è doveroso giungere alla conclusione che l'Associazione Nazionale Alpini sia più che legittimata a esistere e a portare avanti manifestazioni e attività didattiche.


D'altra parte non è mia intenzione mettere in dubbio la legittimità dell'Anpi di esistere, andata forse a scemare con la scomparsa degli ultimi partigiani, quanto più vorrei far notare l'ipocrisia di alcuni nell'accettare, in momenti di difficoltà, l'aiuto e la generosità del corpo degli Alpini, per poi trasformarli in un target ideologico quando più conveniente per ragioni elettorali.


Diego Como

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