top of page

Il Bunker di Piazza Grandi

di Gianluca Padovan (Associazione Speleologia Cavità Artificiali Milano)

Uno scorcio della fontana del 1936 situata in Piazza Giuseppe Grandi (foto G.P.).

Bucoliche pulsioni:


Mi ha sempre colpito il “fontanone-monumento” di Piazza Giuseppe Grandi, inaugurato nel 1936, e dedicato proprio a lui, all’architetto che fu esponente della Scapigliatura milanese e che oggi rimane noto per avere progettato il complesso bronzeo con obelisco a ricordo delle Cinque Giornate di Milano, situato nella trafficata omonima piazza.

 

All’apparenza il “fontanone-monumento” è una delle tante espressioni artistiche milanesi e tale parrebbe rimanere se ci si limitasse a guardarlo al pari di numerose altre opere, le quali quotidianamente ci passano davanti agli occhi, senza che noi le si veda veramente. Veniamo “al sodo”.

 

Innanzitutto, abbiamo una modesta elevazione del terreno che defila la grande vasca agli occhi di chi passeggia lungo Corso XXII Marzo. In pratica l’opera è situata a pochi metri al di sopra della circostante “quota di campagna”, ma vedremo poi perché. Ora osserviamone l’architettura.

 

La fontana è composta da una vasca rettangolare di pietra ignea intrusiva di colore chiaro (Granito bianco di Montorfano), in un angolo sovrastata da una sorta di pinnacolo, anch’esso rivestito di granito, generalmente interpretato come “picco roccioso naturale dalla cui sommità sgorga a cascata l’acqua, la quale alimenta il sottostante lago”. Nel corso dei decenni si è formata una pronunciata concrezione calcarea, ricoperta da muschio, che ultimamente si è deciso di mantenere in quanto rafforza il significato stesso della natura rigogliosa e prorompente. L’angolo opposto è occupato da una statua di bronzo: l’uomo ignudo coi capelli lunghetti e scarmigliati proteso verso lo specchio.

 

Che significa? Forse che “l’essere umano rimane trasecolato e ammirano innanzi allo spettacolo naturale”? Bene, ci può stare.

 

Al di là delle belle parole di contorno, guardiamo dietro la maschera, o meglio dentro l’opera d’arte. Il monumento è stato costruito solo ed esclusivamente per mascherare una sottostante struttura di cemento armato, forse un “bunker segreto” del Regio Esercito. Ad oggi dagli archivi meneghini non è emersa alcuna documentazione relativa al suo progetto e alla sua costruzione. Per certo si sa che il giorno 5 ottobre 1940 “compare” nell’elenco dei ricoveri ad uso pubblico stilato dal Comune di Milano. È classificato come «Ricovero N° 56», di tipo e frequentazione «popolare», omologato per 430 persone. In una foto d’epoca viene, invece, indicato come capace di accogliere 450 persone. Ma questi sono dettagli.

 

La realtà dei fatti:

 

Siccome nel corso della Seconda Guerra Mondiale il bunker di Piazza Grandi è stato usato come “rifugio-ricovero” antiaereo per i civili, trattiamolo brevemente sotto questo aspetto. In caso di attacco aereo doveva innanzitutto proteggere le persone dalle esplosioni, dalla conseguente proiezione di schegge, dal così detto “soffio”, ovvero lo spostamento d’aria causato dall’esplosione stessa.


Scheda tecnica del Comune di Milano, del 1940, con le specifiche del rifugio antiaereo ad uso pubblico.

In linea di massima un “buon rifugio” antiaereo avrebbe dovuto essere “a tenuta stagna”, pertanto impenetrabile agli aggressivi chimici, i così detti “gas di guerra” o “gas asfissianti”. Doveva quindi essere dotato di sistemi di ventilazione forzata con la possibilità di filtrare e rigenerare l’aria mediante apposite apparecchiature. In caso d’attacco con gli aggressivi chimici la pressione interna dell’aria sarebbe stata portata a un livello superiore rispetto a quello esterno, in modo che le sostanze venefiche non penetrassero. In pratica funzionava come, si passi il temine, una “maschera antigas corazzata collettiva”.


E questo senza considerare un ulteriore fattore di pericolo costituito dal possibile utilizzo delle armi batteriologiche. Attenzione: considerando che i “gas di guerra” erano più pesanti dell’aria, il “nostro” rifugio era stato costruito al di sopra della quota di campagna e provvisto di una presa d’aria molto alta, mascherata all’interno del “pinnacolo roccioso”. Peccato che non fosse provvisto dei citati macchinari di ventilazione-filtrazione-rigenerazione.

 


Due degli accessi d’epoca del rifugio attraverso un’unica rampa: la scala in muratura costituiva uno degli ingressi usualmente utilizzati, mentre “a pozzo” e con scalini metallici vi era la così detta “uscita di soccorso”.

Un “buon rifugio” avrebbe dovuto avere almeno un ingresso e una uscita di sicurezza, o più ingressi distinti, chiusi verso l’esterno con porte antiscoppio dotate di guarnizioni in modo da essere a tenuta stagna. Tra l’ingresso e il rifugio vero e proprio doveva esservi un vano denominato antiricovero e la comunicazione tra questo e lo spazio di ricovero era sigillato dalla porta blindata detta “antigas”, più leggera della porta antiscoppio, ma sempre “a tenuta stagna”. Sempre in linea di massima, e senza scendere nei dettagli tecnici, queste erano, o avrebbero dovuto essere, le caratteristiche principali di un “bunker-rifugio”.

 

Cosa possiamo aggiungere? Quello di Piazza Grandi era solo uno “scatolone” di cemento armato, verosimilmente non ultimato, privo di porte blindate e persino di acqua potabile corrente, pur rimanendo al di sotto di una fontana monumentale che erogava acqua a ciclo continuo. Eppure, se lo visiterete, potrete osservare che in ben quattro punti le scritte d’epoca indicano: «acqua potabile», in prossimità di ganci metallici infissi nelle pareti. Grazie anche alle testimonianze di chi lo utilizzò in tempo di guerra, sappiamo che ai ganci erano appesi secchi metallici pieni d’acqua e accanto erano assicurate con un cordino le tazze di metallo smaltato con cui attingere e bere.


L’acqua potabile non corrente del bunker-rifugio in tempo di guerra.

A questo punto viene da chiedersi per quale motivo vi sia interesse per tale struttura. È presto detto: il “bunker-rifugio” fa parte della nostra Storia; inoltre aveva ed ha tutt’oggi delle caratteristiche costruttive, in primo luogo il “mascheramento”, che lo rendono unico nel suo genere a Milano e in Lombardia. Pertanto è degno di nota, di ricordo e di ulteriori studi, nonché meritevole di divenire museo di sé stesso e quindi aperto alle visite pubbliche.

 

Il “curioso oggetto” N° 56

 

Veniamo al XXI secolo. Essendomi interessato a questo manufatto “di protezione dei civili” saltuariamente richiedevo, come responsabile dell’Associazione Speleologia Cavità Artificiali Milano, l’autorizzazione all’Amministrazione Comunale per farlo aprire al pubblico. Si potevano così condurvi le scolaresche, i giornalisti, gli appassionati di storia milanese, ecc.

 

Recentemente il Comune ha fatto installare il riciclo dell’acqua alla fontana e con l’occasione ha provveduto al restauro dell’intera struttura. I locali sotterranei sono stati ripuliti mantenendo le numerose scritte d’epoca in vernice nera ed è stato installato un nuovo impianto d’illuminazione, che svolge egregiamente la propria funzione. Non è “invasivo” e con discrezione ricalca in parte il tracciato originario su cavetti metallici, alimentando numerosi faretti dotati di sensori di movimento che illuminano solo gli ambienti percorsi dai visitatori. Difatti una “speranza” era di vedere aperto a cadenze fisse questo impianto, eccezionale per la sua originale costruzione e collocazione.


Il 2016 è la data di fine lavori d’installazione dell’impianto di riciclo e del restauro del complesso monumentale e difensivo di Piazza Grandi; il tutto è stato poi inaugurato dal Sindaco nel novembre del 2017.

Alla presenza del Sindaco di Milano lunedì 27 febbraio 2017 la fontana e il rifugio sono stati re-inaugurati. Adesso, ovvero in questo anno 2024, il tutto è chiuso e lasciato a libera visita non guidata a ragni e zanzare.

 

Il riciclo dell’acqua “fa acqua”?

 

Come detto, il restauro della fontana e del sottostante rifugio antiaereo sono stati promossi per un semplice e principale motivo: installare il sistema di riciclo dell’acqua. Oggi l’acqua nel granitico vascone non è sempre “cristallina” e sovente è di un bel colore verde smeraldo… e puzza.

 

Il “pinnacolo” da cui pare prorompa acqua cristallina e pura, fallace sensazione contrastata dal colore dell’acqua nel bianco vascone (foto G.P.).

La domanda che mi sono posto è la seguente: «In sostituzione della consueta “erogazione continua” d’acqua prelevata dalla falda acquifera, vi è risparmio reale nell’installare un riciclo dell’acqua in una qualsiasi fontana di Milano e, nello specifico, in quella di Piazza Grandi?».

 

Tutto ciò tenendo conto dei seguenti punti:

 

1. Quanto sono costati l’impianto e l’installazione del riciclo dell’acqua nella fontana di Piazza Grandi?


2. Quanto costa all’anno la manutenzione del solo impianto meccanico?


3. Quanto costano all’anno i filtri dell’impianto?


4. Quanto costa la manutenzione delle parti a giorno della fontana ora che c’è il riciclo dell’acqua?


Ora proviamo a meditare sulle seguenti ulteriori domande:


A. Quanto costava l’erogazione dell’acqua dalla fontana di Piazza Grandi prima dell’installazione dell’impianto di riciclo?


B. Quanto costa oggi l’erogazione dell’acqua dalla fontana, ovvero dopo l’installazione del riciclo?


C. Quanto costerebbe annualmente la manutenzione della vasca se non vi fosse l’impianto di riciclo e quindi un presupposto maggiore deposito di calcare?

 

Concludendo… a denti stretti.

 

La somma dei costi con l’impianto e dei costi senza l’impianto e la semplice sottrazione di un costo dall’altro fornisce l’inequivocabile cifra che indica se il risparmio esiste oppure no.

 

Attenzione, prescindendo invece da costi e presunti guadagni si devono considerare altri fattori, sui quali il Cittadino deve sempre riflettere:

 

1. Data la peculiare conformazione geologica del terreno su cui poggia la città di Milano l’acqua potabile non verrà mai a mancare, anche a seguito di lunghi periodi di siccità.


2. Dismesse le grandi e medie industrie milanesi il prelievo dell’acqua dal sottosuolo urbano è decresciuto sensibilmente, al punto tale che la falda è risalita. La conseguenza è che, ad esempio, la Linea 2 della Metropolitana, nell’area di Città Studi, deve essere tenuta asciutta facendo funzionare costantemente le pompe per l’evacuazione dell’acqua di falda.


3. Nel Mondo Antico l’acqua era ritenuta un elemento sacro e in Italia si è sviluppata l’ingegneria idraulica che ha fatto scuola nel Mondo, lasciando una incontrovertibile tradizione.

 

Cosa ne consegue?

 

Vogliamo quindi ridurre vita e tradizioni ad un semplice calcolo monetario fatto di addizioni e sottrazioni?

 

Ma, soprattutto: vogliamo paragonare la bellezza e la freschezza di una fontana da cui sgorga acqua cristallina con una che dispensa, e non in continuazione, acqua riciclata che persino gli uccelli si rifiutano di bere?

bottom of page