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Foibe, Esodo, Identità: 60 giovani in viaggio nella storia dimenticata d’Italia

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Sessanta giovani sulle tracce dell’esodo giuliano-dalmata


Sessanta giovani, tra i 18 e i 25 anni, provenienti da tutta Italia, hanno preso parte, dal 23 al 29 giugno, al Viaggio del Ricordo, un’iniziativa di otto giorni, promossa e finanziata dall’Agenzia Nazionale della Gioventù, con l’obiettivo di far conoscere e riflettere su una pagina spesso troppo trascurata della storia italiana: l’esodo giuliano-dalmata e la tragedia delle foibe.


Accompagnati dalla presidente dell’Agenzia, da due organizzatori e da alcuni consulenti, i ragazzi hanno visitato i luoghi simbolo di questi fatti in Istria e in Dalmazia, partendo dal quartiere Giuliano-Dalmata di Roma, passando per la foiba di Basovizza e il sacrario militare di Redipuglia, raggiungendo Pola, Fiume, Zara e Ragusa, in un viaggio di confronto tra memoria storica e presente.

Comunità italiane in Istria e Dalmazia: l’identità che resiste


Camminando per le vie di molte città oggi croate è facile imbattersi in un doppio simbolo d’identità: la bandiera nazionale accanto a quella dell’Unione Europea. Una convivenza che riflette la composizione culturale complessa del Paese, dove l’identità nazionale non è sempre univoca, soprattutto nelle aree di confine.


In alcune zone della Croazia, infatti, la composizione etnica e culturale è frutto di stratificazioni storiche. Al confine orientale, verso la Serbia, vivono comunità musulmane e serbofone; mentre lungo la costa adriatica, in Istria e Dalmazia, persistono vive e organizzate le comunità italiane.


Durante la nostra visita, abbiamo avuto l'opportunità di incontrare i rappresentanti della minoranza italiana a Pola e Fiume, due città dove l'eredità culturale italiana è ancora fortemente presente.


A Pola, abbiamo avuto modo di conoscere la Scuola Dante Alighieri, un istituto dedicato all’insegnamento in lingua italiana, aperto tanto ai membri della comunità italiana quanto a chiunque desideri studiare la lingua del Poeta. In Istria, non va dimenticato, sono molti i giovani che parlano frequentemente e fluentemente l’italiano, tanto da scegliere di proseguire gli studi universitari a Trieste o in altre città italiane.


A Fiume, invece, abbiamo assistito a un concerto di musica lirica istriana al pianoforte, seguito da un incontro con il presidente della comunità italiana locale. Qui, l’identità italiana è percepita in modo differente rispetto a Pola. Se, dopo la Seconda Guerra Mondiale, molti italiani lasciarono Pola, a Fiume, invece, gli italiani scelsero di restare, rinunciando formalmente alla cittadinanza italiana ma mantenendo viva la propria cultura in patria.


La complessità dell’identità croata si riflette anche nel contesto europeo. L’adesione all’Unione Europea ha offerto a queste minoranze una nuova prospettiva: la possibilità di sentirsi unite come cittadini europei senza dover rinunciare alla propria identità nazionale, anzi, viene valorizzata ulteriormente.


I territori dell’Istria e della Dalmazia raccontano una storia antica e tormentata. Dopo l'epoca romana, passarono sotto il dominio della Repubblica di Venezia, poi sotto l'influenza napoleonica e infine sotto l’Impero Austro-Ungarico, fino al 1918. Conclusa la Prima Guerra Mondiale, le regioni furono spartite tra l’Italia e il neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (poi Jugoslavia). Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l'intero territorio venne annesso alla Jugoslavia, segnando un periodo difficile per la popolazione italiana.


Foibe, Basovizza, Magazzino 18: la storia che lascia il segno


Raccontare a parole ciò che ho provato durante il Viaggio del Ricordo è quasi impossibile: è stata una settimana intensa, che sul piano emotivo è valsa quanto un intero anno. Abbiamo condiviso emozioni profonde con coetanei provenienti da tutta Italia, ascoltando storie che lasciano il segno.


Ci ha colpito, in particolare, la sorte degli esuli e di chi decise di restare nelle terre contese: famiglie costrette a vivere per anni in campi profughi, spesso in baracche, in condizioni durissime.


Al Magazzino 18 di Trieste, un figlio di esuli ci ha raccontato con voce rotta che i suoi genitori ricevettero una somma simbolica per lasciare il campo e comprare una casa minuscola, in cui lui nacque nel 1961. Si vergognava a invitare amici, sentendosi straniero nel proprio Paese.


Un’altra ragazza, nipote di esuli, ci ha parlato della sua esperienza nel riordino del Magazzino 18: mentre sistemava vecchie valigie, ne trovò una con oggetti simili ai suoi — libri per bambini, vestiti da donna, un rossetto anni ’50 identico al suo. L’emozione fu tale da costringerla a fermarsi. Il Magazzino 18, più di ogni altro luogo, mi ha toccato nel profondo: è immobile nel tempo. Camminando fra i suoi oggetti sembra che le voci degli esuli sussurrano, custodite tra le sue casse impolverate.

Le voci del ricordo: cosa ha lasciato davvero questo viaggio


Il viaggio nei luoghi dell’esodo giuliano-dalmata ha acceso emozioni profonde.


Ludovica Feola, militante di Gioventù Nazionale, racconta l’impatto del Magazzino 18: un luogo che trasforma la memoria in esperienza viva. L’incontro con le comunità italiane all’estero ha svelato un’italianità resiliente, spesso poco conosciuta.


Ma il vero tesoro del viaggio, per lei, è stato umano: la nascita spontanea di una piccola comunità solidale, unita da valori condivisi. Da questa esperienza è nato un impegno concreto: custodire la memoria, agire con consapevolezza e contribuire a una società unita, inclusiva e vigile. Perché ricordare, oggi, non basta. Serve fare.


Andreana Colangelo, presidente provinciale del Comitato 10 Febbraio a Chieti, racconta che per lei è stata la prima esperienza con l’Agenzia Nazionale per i Giovani.


«Non la conoscevo, ma mi aspettavo un viaggio carico di emozioni. Le aspettative sono state ampiamente superate.», Andreana parla di un vortice emotivo: «Ho provato rabbia per chi ha dovuto abbandonare la propria terra, dolore per una storia dimenticata. Ma anche gioia, grazie ai legami sinceri nati con i compagni di viaggio.»


Lei conosce bene questa storia, che promuove ogni anno attraverso eventi e attività divulgative: «Durante l’anno organizzo eventi per farla conoscere, soprattutto ai giovani. Ma viverla sul posto è un’altra cosa».


Nonostante ciò la visita al Magazzino 18 è stata per lei particolarmente toccante: «lì la memoria diventa reale. È stato doloroso, ma necessario». Tornata a casa, sente ancora più forte il dovere di testimoniare: «la memoria non è solo un dovere, è un compito. Dobbiamo trasmettere questa verità alle nuove generazioni, perché il rispetto comincia da loro.»


Anche Roberto Argenti, responsabile provinciale del Comitato 10 Febbraio a Catania, ci ha detto: «torno a casa con una maggiore consapevolezza. Ho visto l’italianità in luoghi segnati dalla tragedia».


Profonda, infine, l’emozione vissuta a Basovizza: «la visita alla foiba e al Magazzino 18 mi ha colpito nel profondo. Vedere valigie, sedie, oggetti comuni lasciati indietro rappresenta la sofferenza di chi ha dovuto abbandonare tutto, solo per essere italiano».


Arianna Sanseverino

 
 
 

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