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Dov'è finita la destra sociale? Riflessione critica sul decreto flussi e sul ddl zullo

La fiamma tricolore rappresenta un’identità politica precisa: quella della Destra Sociale. Un'identità radicata nella tradizione, nella patria, nel valore della comunità, nella difesa dei più deboli e dei più dimenticati.


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Oggi, però, chi si riconosce in quella cultura politica, nata con il Movimento Sociale Italiano, fatica a ritrovarsi nei provvedimenti adottati dall’esecutivo, i quali sembrano tradire, più che rappresentare, la tradizione della Destra Sociale.

 

Il Decreto Flussi


Con il DPCM del 27 settembre 2023, il Governo ha autorizzato quasi mezzo milione di ingressi regolari di lavoratori provenienti da Paesi fuori dall’UE, in 3 anni, al fine di ovviare alla sempre crescente carenza di manodopera.


Ma la logica di fondo di questo provvedimento richiama un modello utilitarista-capitalista, lontano da quello che la Destra Sociale ha sempre sostenuto: la necessità prioritaria di dare un lavoro dignitoso prima ai propri cittadini, che devono essere posti al centro in ogni mossa politica.


Non si tratta di chiusura culturale, ma di un atto di buon senso nei confronti del proprio Paese. Se manca la manodopera nei settori agricoli, nell’edilizia o nella cura degli anziani, la risposta non può essere: “importiamo lavoratori dall’estero”.


La risposta, al contrario, deve essere: “incentiviamo i giovani italiani, diamo stabilità, investiamo nella formazione e nella natalità italiana”.


La Destra Sociale si fonda sulla coesione tra popolo e Stato, Almirante stesso ricordava che “non esiste destra senza giustizia sociale, senza amore per il popolo”. Con il Decreto Flussi, quell’amore è stato sostituito da un cinismo aziendale, che accetta l’immigrazione come strumento “comodo” per colmare i vuoti del mondo del lavoro, lasciati dal deficit demografico, anziché affrontare la crisi della natalità italiana.

 

DDL Zullo: il business della morte

 

Il DDL Zullo, in discussione al Senato, è ancora più controverso: la proposta prevede la regolamentazione a livello nazionale del suicidio medicalmente assistito, che consiste nella possibilità per pazienti con patologie irreversibili di accedere alla morte assistita in strutture sanitarie private, pagando, quindi, per venire uccisi.


Nel DDL viene preso in considerazione solo il suicidio assistito, ovvero quella fattispecie nella quale è il paziente che si uccide personalmente (con il supporto "medico" del dottore), e che si differenzierebbe dall’eutanasia in quanto quest'ultima prevederebbe l'atto diretto del medico che causa la morte.


Ma da un punto di vista etico e culturale, la questione non cambia: lo Stato legittima la morte come risposta alla sofferenza. Non possiamo ignorare il rischio gravissimo di una deriva etica e legislativa.


Se il Governo non prende subito una posizione ferma contro il suicidio assistito saranno le singole Regioni a legiferare, in modo disordinato. Toscana, Emilia-Romagna e Veneto hanno già avviato percorsi regionali per “garantire” l’accesso al suicidio assistito, in convenzione con il servizio sanitario. Questo scenario minaccia di creare un’Italia divisa, dove il diritto alla vita viene sostituito dal “diritto alla morte”, in base al colore politico dell’amministrazione locale.


Uno dei motivi che hanno mosso i firmatari a sostenere questo DDL è stata la “riduzione della spesa pubblica sanitaria”, dovuta alla diminuzione dell’uso e della produzione di cure palliative che il suicido assistito porterebbe. È chiaro che questa proposta è figlia di una logica economicista, in piena rottura con qualsiasi fondamento spirituale e valoriale della Destra Sociale.


Un Governo che si richiama ai valori cattolici non può né rimanere neutrale né porsi a favore di questa pratica. La vita è un dono, non una proprietà. E lo Stato non può lavarsi le mani, deve, invece, difendere, curare, sostenere, in particolare nei momenti più difficili dell’esistenza. Una società che offre la morte come soluzione, invece della cura e della compagnia, ha fallito nel suo compito umano e politico.

 

Ricostruire un’Europa autonoma


Sul piano geopolitico e internazionale, il Governo continua a mantenere una posizione fortemente atlantista, subordinata agli interessi di Washington e Tel Aviv.


L’appoggio incondizionato e acritico al governo di Zelansky, il disinteresse verso ogni apertura diplomatica verso la Russia o il Medio Oriente e la totale assenza di visione mediterranea ed europea pongono l’Italia lontana da qualsiasi ipotesi di sovranità strategica.


Ma una destra nazionale non può rinunciare alla costruzione di una terza via geopolitica, alternativa al globalismo americano e al blocco cinese. Serve un asse europeo indipendente, che guardi a Berlino, Parigi, Madrid, Londra e Roma come poli di un’Europa dei padri, delle identità, delle sovranità, non delle banche e delle lobby.


L’Italia ha il dovere di essere protagonista e principale promotrice di questa nuova Europa, e non spettatrice passiva di dinamiche altrui. È tempo di portare avanti i nostri interessi in politica estera. E l’interesse principale dell’Italia, oggi, è quello di uscire da una sudditanza atlantica che non ci rende più forti, ma più marginali.

 

La Fede come fondamento, non come simbolo


Infine, non possiamo ignorare la dimensione spirituale che ha sempre animato la Destra Sociale. La Fede Cattolica non è un richiamo da usare nei comizi o nelle cerimonie ufficiali. È una bussola morale per il popolo e per chi governa.


La difesa della vita, il sostegno alla famiglia, l’educazione al dovere: tutto questo nasce da una visione cristiana della persona, che la Destra Sociale ha sempre riconosciuto come uno dei principi cardine della propria azione.


L’Italia non ha bisogno di slogan o politiche economiche utilitaristiche. Oggi serve più coerenza, più coraggio, più visione. Non per tornare al passato, ma per essere fedeli a un’idea e a una storia di un popolo. L’Italia ha bisogno di una Destra Sociale, con radici spirituali e popolari. E che sappia guardare avanti senza dimenticare chi siamo.


Alessandro Campedelli

 
 
 

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