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Giuseppe Conte vince la guerra interna al Movimento 5 Stelle
Notizia degli ultimi giorni, Giuseppe Conte, "l'avvocato del popolo", ha vinto la guerra intestina al Movimento 5 Stelle. Temi fondamentali dello scontro sono stati il limite (autoimposto) dei due mandati e il ruolo del garante, Beppe Grillo, ossia della necessità o meno di un custode dei valori fondamentali e dell’azione politica del partito.
I campi di battaglia sono state le votazioni online, aperte (a differenza del congresso PD che elesse Elly Schlein) ai soli iscritti (almeno da 6 mesi) al Movimento, avvenute la prima tra il 21 e il 24 novembre e la seconda, pretesa (in accordo con lo statuto) dallo sconfitto Grillo, tra il 5 e l'8 dicembre.
La seconda votazione, che ha riconfermato l'esito della prima, ha visto un’affluenza maggiore, con oltre 58 mila contro i circa 54 mila della precedente, e la percentuale di votanti che ha confermato la volontà di eliminare il ruolo del garante è cresciuta di oltre 15 punti percentuali: se nella prima votazione "solo" il 63% si era espresso a favore dell’eliminazione del ruolo del garante, nella seconda la percentuale è cresciuta all’80%.
Il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo non esiste più e il verdetto che ne ha decretato l'esecuzione è stato promosso proprio per mezzo di quella democrazia diretta attorno alla quale il movimento di Grillo è nato. Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire cos'era questo Movimento che non esiste più.
Storia e ideologia del Movimento 5 Stelle:
Il Movimento fu fondato dal comico e attivista politico Giuseppe Grillo e dall’imprenditore del web Gianroberto Casaleggio, con l’intento di tematizzare 5 punti principali, rappresentati dalle stelle presenti nel nome e nel simbolo: beni comuni, ecologia integrale, giustizia sociale, innovazione tecnologica ed economia eco-sociale di mercato.
È fondamentale ricordare che il Movimento si propose come concretizzazione del pensiero del filosofo illuminista ginevrino Jean Jacques Rousseau, noto per l'esperimento teorico del "buon selvaggio", articolato nel suo Il contratto sociale, che vorrebbe l’uomo buono di nascita, reso cattivo dall'ingresso nella società e, per questo, bisognoso di istituzioni-correttivi.
Il centro della riflessione politica di Rousseau, radicalmente alternativa tanto all'antico regime francese, che introdusse de facto l'identità tra il monarca e lo Stato, quanto ai modelli politici tradizionali e pre-moderni, si fonda sulle idee di sovranità popolare e sulla concezione del potere politico come espressione della volontà popolare stessa, volta a modellare il cittadino, cioè l'uomo educato alla sola volontà della società, espressa per mezzo della votazione democratica.
È sulla scia delle riflessioni di Rousseau che Gianroberto Casaleggio rilanciò l’eliminazione della democrazia rappresentativa, in favore dalla consultazione diretta del popolo (democrazia diretta), da realizzare per mezzo di consultazioni online, attraverso la piattaforma denominata, appunto, Rousseau.
Questa posizione primordiale sfociò, poi, in un vero e proprio anti-parlamentarismo, da intendersi in chiave super-democratica (e non come argine alle derive della democrazia, come lo intendono le forze conservatrici, reazionarie e tradizionali), che si tradusse, a sua volta, sia nella proposta, poi vittoriosa, del taglio del numero dei parlamentari, sia nell'introduzione nell'ordinamento italiano di un referendum propositivo.
A questo proposito, fatti salvi i casi (assolutamente sporadici) di referendum confermativi e consultivi, la Costituzione prevede il solo referendum abrogativo, ai sensi dell’art.75 Cost., il quale recita:
«È indetto referendum popolare per deliberare la abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.»
Il Reddito di Cittadinanza: il fallimento del Movimento 5 Stelle
Il Movimento 5 stelle si schierò sempre in favore di un reddito di base universale e di un reddito di cittadinanza, quest’ultimo, effettivamente portato a compimento nel 2018, finalizzato, nella maggior parte dei casi solo sulla carta, al reinserimento sociale di disoccupati, inoccupati o lavoratori con soglia ISEE inferiore a una certa soglia.
Si trattò di un provvedimento costato ben 34,6 miliardi di euro in circa quattro anni e mezzo, e di cui l’84,14% dei percettori risultò irregolare, con frodi pari a 505 milioni di euro, in seguito agli accertamenti della Guardia di Finanza.
L’evoluzione del Movimento 5 Stelle: da anti-sistema a partito tradizionale
Ci risulta opportuno evidenziare che la legittimità della guida di Grillo, agli occhi degli elettori del Movimento, iniziò a scricchiolare non appena l'ormai ex-garante, acconsentì e promosse alleanze impraticabili, come quella con la Lega, e, quindi, tradì la promessa fondativa ovvero la volontà di essere qualcosa di altro rispetto ai partiti tradizionali.
Tornando ai fatti di cronaca raccontati nell'incipit, possiamo affermare senza timore di smentita che, dopo giravolte, prese di posizione peculiari e una risicata vittoria alle elezioni regionali sarde, lo scontro infuocato interno al Movimento, anzi Partito, perché (con la guida di Giuseppe Conte, il fu movimento ha completato la propria trasformazione in un partito tradizionale) lo ha condotto, per mezzo dell'esercizio della democrazia diretta, al rinnegamento totale delle proprie premesse valoriali, come se nulla fossero.
Qualunque siano le idee in questione, e qualunque sia il giudizio personale rispetto a queste, i valori che fondano una realtà, sia esso un partito o un movimento, sono l'unica cosa che può rappresentarne, univocamente, l'identità, cioè il nucleo costitutivo da cui tutto il seguito prende forma.
Restare fedeli alle proprie radici non implica l’incapacità di adattarsi, ma, piuttosto, garantisce la coerenza, che è la forza propulsiva su cui ogni progetto politico deve basarsi, l'errore del Movimento, e quindi della sua visione dello Stato, è l'aver eretto a principio ultimo della propria identità la volontà della maggioranza, qualsiasi sia la posizione che essa adotti.
La fine della rivoluzione 5 Stelle e l'avvento dell'Avvocato del popolo
Quello che, probabilmente, l'abile e pragmatica guida di Conte farà al Movimento 5 stelle sarà cristallizzarne le posizioni, al momento pare collocandolo "ufficialmente" all'interno del fronte progressista, legittimato da un ultimo appello alla democrazia diretta (il voto recente), per poi stravolgere anche quell'unico principio di cui l'ex-movimento si era dotato, che era la tendenza a esprimere sempre e soltanto la "volontà della società", nei fatti degli iscritti.
Se la Rivoluzione Francese, sorta dalle premesse del pensiero di Rousseau, dopo morte e distruzione, è "finita" con l'avvento di un generale, da ella allevato, che ne ha in parte tradito e in parte cristallizzato i principi; così il Movimento 5 stelle, sorto dalle premesse del pensiero di Rousseau, "finisce" con l'avvento di un avvocato, da egli allevato, che in parte ne tradisce e in parte ne cristallizza i principi.
Riccardo Sartoretto e Matteo Respinti