A Milano, la commemorazione del Giorno della Memoria, prevista come ogni anno per il 27 gennaio, si è trasformata in un caso di divisione e polemica.

Per la prima volta, la Comunità ebraica milanese ha deciso di non partecipare agli eventi organizzati dal Comune di Milano, a Palazzo Marino, manifestando il proprio dissenso nei confronti dell’Anpi, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.
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La posizione della Comunità ebraica milanese
«La memoria è una, ci vuole buonsenso. Non possiamo accettare di avere a che fare con l’Anpi, che ha già paragonato la Shoah a quello che accade a Gaza», ha dichiarato Walker Meghnagi, presidente della Comunità ebraica milanese.
L’accusa è chiara: secondo Meghnagi, l’Anpi avrebbe politicizzato e distorto il ricordo della Shoah, schierandosi con posizioni ambigue o apertamente filo-palestinesi, nella guerra tra Hamas e Israele.
Meghnagi aggiunge: «Non possiamo dimenticare che l’Anpi non sia mai venuta alle conferenze che abbiamo organizzato al Tempio maggiore di via Guastalla e non si sia mai fatta sentire in questi due anni».
Anche Noemi Di Segni, Presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, ha preso le distanze dall’associazione partigiana: «Non parteciperemo ad alcune manifestazioni come quelle dell’Anpi, dove in molte sezioni, per fortuna non in tutte, la narrativa è distorta».
La replica dell’Anpi
Di fronte alle accuse, l’Anpi milanese ha risposto per voce del suo Presidente, Primo Minelli, respingendo ogni accusa di antisemitismo. «Accusarci di antisemitismo è un po’ ridicolo, verrebbe quasi da ridere. Noi non prendiamo ordini da nessuno e non ci lasciamo intimidire», ha dichiarato Minelli.
Ha poi sottolineato: «La battaglia contro l’antisemitismo per noi è una battaglia di fondo, che conduciamo non solo il 27 gennaio, ma 365 giorni l’anno. Proprio ieri abbiamo posato tante pietre d’inciampo, di cui molte per ricordare famiglie ebraiche».
Minelli ha anche accusato la Comunità ebraica di politicizzare una giornata che dovrebbe unire e non dividere: «La Comunità ebraica dovrebbe rispettare il 27 gennaio e non sporcarlo con polemiche che lasciano il tempo che trovano».
L'inutilità dell'Anpi
La spaccatura tra la Comunità ebraica milanese e l’Anpi pone in evidenza un problema più ampio: a più di 80 anni dalla sconfitta del fascismo, l’Anpi ha perso gran parte della sua funzione originaria.
L’attuale dirigenza dell’associazione, composta da persone che non hanno partecipato direttamente alla Resistenza, rappresenta più un soggetto politico che un custode della memoria storica della Resistenza. E, come se non bastasse, da sempre, la narrazione rossa dell’Anpi minimizza il contributo dei partigiani liberali, cattolici e monarchici, riducendo la Resistenza a un fenomeno esclusivamente di sinistra.
Il paradosso della Comunità ebraica
Paradossalmente, in questa vicenda, le ragioni dell’Anpi ci appaiono più coerenti rispetto a quelle della Comunità ebraica milanese.
Quest’ultima, che consideriamo in quanto soggetto che adotta posizioni politiche (e non
certo come somma degli ebrei milanesi), ha scelto di disertare la commemorazione del 27 gennaio (accusando l’Anpi di politicizzarla, in forza del proprio sostegno alla lotta del popolo palestinese), a cui, però, negli anni, ha sempre partecipato, nonostante la sua evidente politicizzazione a sinistra.
Tutto ciò appare chiaro dalle parole di Davide Romano, direttore del Museo della Brigata ebraica, che ha dichiarato: «La ricorrenza del 27 gennaio nasce per ricordare l’orrore nazifascista e l’antisemitismo. Ma oggi vedo nella società italiana e in alcune istituzioni muoversi un odio antiebraico che arriva a strizzare l’occhio a regimi totalitari come Iran e Hamas pur di criticare gli ebrei e Israele».
Romano aggiunge un ulteriore elemento sulla relazione con Israele, «l’unica democrazia del Medio-Oriente»: «Per chi come me odia la guerra e ricorda la Shoah, è imperativo stare dalla parte delle democrazie. È incomprensibile come i pacifisti non si schierino dalla parte delle democrazie, e talvolta li troviamo addirittura a difendere le dittature».
La politicizzazione della memoria
Il Giorno della Memoria, così come, più in generale, il ricordo degli ebrei sterminati nei campi di concentramento della Germania nazista, con la collaborazione di molti fascisti italiani ed europei, è, senza dubbio, da sempre oggetto di strumentalizzazione politica.
Alla strumentalizzazione di sinistra, quest’anno si aggiunge la Comunità ebraica milanese, che, marciando sull'unicità della Shoah, appare incapace di accettare qualsiasi critica alla politica israeliana, confondendo il ricordo della tragedia con il supporto incondizionato allo Stato di Israele.
L’Anpi, d’altro canto, ha abbracciato una visione ideologica, che la allontana dal suo compito
storico, rendendola sempre più una semplice associazione politica. Resta il fatto che, in un giorno dedicato al ricordo degli ebrei morti nei campi di sterminio, l’attualità prevale sul ricordo, trasformando una ricorrenza solenne in un campo di battaglia ideologico.
Matteo Respinti