Per Kiev sembrano profilarsi tempi duri, è innegabile, perché a parte i Paesi europei, che permangono al fianco dell'Ucraina, Washington e Mosca impostano la propria "pace".

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Una pace che in realtà è resa, resa che sarà umiliazione per Kiev, un macigno che peserà come pesarono le forche caudine sui romani quando furono vinti dai Sanniti.
Ma in fin dei conti la qual cosa non ci deve sorprende, è un epilogo che potremmo definire scontato. L'Occidente e gli USA hanno sempre sostenuto determinati Paesi, finché faceva loro comodo.
L'Afghanistan è stato l'esempio più palese. I mujahidin facevano comodo finché combattevano i sovietici, ma, ritiratisi questi, la "patata bollente" ci ha bruciato le mani, e abbiamo subito il terrorismo talebano. Poi la missione di pace, che, neanche a dirlo, ha fallito miseramente: il ritiro americano ha riconsegnato il paese in mano ai talebani, con tanto di dichiarazione di Biden:
"L'obiettivo degli Stati Uniti in Afghanistan era di impedire attacchi terroristici in America [...] La missione era smantellare al Qaeda e la missione è stata raggiunta: abbiamo ucciso Bin Laden e cambiato un percorso che stava diventando scivoloso [...] Creare una democrazia unificata e centralizzata non è mai stato l'obiettivo".
Per Kiev la storia non è differente: sosteniamo i sogni filo-occidentali del paese (perché fa comodo alla nostra narrazione anti-Mosca), si scatena le guerra, quindi i morti (militari e civili) e lo sfiancamento delle economie europee. Il risultato? Quando a qualcuno lo sforzo non sembra più valere la candela, sacrifichiamo l'Ucraina.
I russi, che lo hanno conquistato sul campo di battaglia, acquisiranno il Donbass e i territori che rivendicano, mentre il resto del paese dovrà cedere lo sfruttamento delle proprie risorse minerarie, degli idrocarburi e delle terre rare agli statunitensi.
Nulla di insolito, la storia ce lo insegna, basta pensare alla Polonia: nel 1939 fu invasa dai tedeschi e dai russi, scoppiò la Seconda guerra mondiale, ma, alla fine, nel 1945, il paese fu sacrificato, insieme a tutti i paesi dell'Europa dell'Est, e dato in pasto a Stalin, quali prigionieri sotto la cortina di ferro. Allora come sembra succedere oggi, l'Europa stessa, fu divisa in due blocchi.
Dietro le parole di sostegno e solidarietà di Biden e Kamala nei confronti dell'Ucraina, de facto, si nascondevano gli interessi, economici e geopolitici, che Trump ha concretizzato.
Mentre tutto questo accade l'Europa discute, mentre Sagunto cade, i Paesi europei, oltre al nobile sentimento di solidarietà nei confronti della povera Ucraina aggredita, non concretizzano molto. Di certo non hanno mai compreso nulla del gioco geopolitico in ballo, tant'è, che nonostante i grandi sforzi sostenuti europei, l'unica cosa che ci siamo guadagnati è il costo della ricostruzione.
Con il senno di poi, ormai è facile asserirlo, sarebbe stato meglio evitare la guerra. Oramai è tardi, dopo tre anni di trincee e filo spinato, ritorna alla memoria il grido lanciato da Brenno ai romani sconfitti vae victis (guai ai vinti).
Alessio Bennassi